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Referendum sull'acqua


Il decreto legge Ronchi “salva-infrazioni comunitarie”, con le contrastate norme sulla privatizzazione dell'acqua, è legge. La Camera ha approvato la conversione con 302 voti a favore e 263 contrari lo scorso giovedi, 19 novembre 2009. Unico paese in Europa, l'Italia si è avviata verso la privatizzazione dell'acqua.

Siamo di fronte ad una inaccettabile logica neoliberista e privatizzatrice a cui si assomma l'idea di salvaguardare le “rendite dei poteri forti” , in particolare le SpA quotate in Borsa. Infatti si stabilisce che il conferimento della gestione dei servizi pubblici locali avviene, in via ordinaria, a imprenditori o società mediante il ricorso a gara. In deroga a questa modalità di affidamento, l'affidamento può avvenire “nel rispetto dei principi della disciplina comunitaria” .

Riteniamo che sulla questione dell'acqua esiste un ‘senso comune' per cui essa è considerata risorsa la cui messa sul mercato e traduzione in fattore di profittabilità è perlomeno problematica, e che non basta una volontà forte degli attori interessati alla privatizzazione per determinare con certezza che si proceda lungo questa strada.



Vi è una differenza sostanziale che vi è tra un servizio pubblico e azienda che fornisce una merce, seppure un po' particolare: dal fine della garanzia universalistica di un diritto dei cittadini, con il vincolo dell'efficacia ed efficienza (anche economica) al fine della massimizzazione del valore per gli azionisti con il vincolo di una prestazione universalistica a prezzi regolamentati.



Per chiarire la prospettiva che la nuova legge delinea, possiamo rifarci ai dati presentati dal BlueBook 2006 – i dati del servizio idrico integrato in Italia. Lo studio è stato condotto da Utilitatis 4, istituto di ricerca promosso da Federutility (che ha preso il posto di Federgasacqua e Federenergia nella rappresentanza delle aziende di servizi pubblici locali dei settori idrico ed energetico) che riunisce oltre 550 imprese italiane. Le associate a Federutility, forniscono acqua attualmente a circa il 75% della popolazione, distribuiscono gas ad oltre il 35% degli abitanti ed energia elettrica a circa il 20% della popolazione italiana.).

Sulla base di un'analisi effettuata sui Piani d'ambito approvati dagli ATO (Autorità d'Ambito Territoriale), si evince che le tariffe nei prossimi 15 anni cresceranno del 50% per coprire i significativi investimenti previsti (circa 2 miliardi di euro/anno). Peraltro, poiché l'incremento tariffario previsto non è sufficiente, i conti si fanno ‘quadrare' prevedendo una crescita dei consumi pari a circa il 18% per i prossimi 20 anni. Una stima assolutamente irrealistica, oltre che contraria a ogni idea di tutela e risparmio della risorsa, e che è destinata a tradursi in minori investimenti effettuati o in ulteriori incrementi tariffari. Si riesce così contemporaneamente a far lievitare in modo forte le tariffe, a incrementare i consumi senza raggiungere il livello di investimenti necessari.



Chi studia o ha studiato economica riconoscerà quindi che il servizio idrico, per le sue caratteristiche, si configura come monopolio naturale, e quindi non si può dare per scontata una gestione che veda presenti una pluralità di operatori in concorrenza tra loro, viste soprattutto le recenti attività nel settore idrico da parte delle grandi aziende private. Al contrario, si determinerà una spartizione del mercato tra pochi soggetti, costituendo di fatto una situazione di monopolio o tutt'al più di tipo oligopolistico, con quel che ne consegue rispetto ai presunti benefici ai ‘consumatori' che la varia apologetica del mercato e della concorrenza continua indefessamente a vantare.



Il percorso verso la privatizzazione può essere fermato, a partire dall'iniziativa che possono mettere in campo i soggetti interessati a contrastare tale prospettiva, e cioè in primo luogo

movimenti sociali, lavoratori e loro rappresentanze, istituzioni locali.

La conversione in legge del decreto Ronchi sottrae ai cittadini ed alla sovranità delle Regioni e dei Comuni l'acqua potabile di rubinetto, nonostante il concetto inviolabile che annovera l'acqua come un diritto universale e non come merce e per le ripercussioni disastrose che la privatizzazione potrebbe generare sui cittadini in funzione della crescita delle tariffe.

Si tratta della definitiva mercificazione di un bene essenziale alla vita. Si tratta della definitiva consegna al mercato di un diritto umano universale.



Allora agiamo:

Il 25 aprile è iniziata la raccolta firme per il referendum per rendere nuovamente pubblica l'acqua, collegandosi al sito qui sotto segnalato si trovano tutte le informazioni su dove poter firmare.





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