Una piccola guida per poter scegliere consapevolmente quale acquistare tra questi due ottimi formaggi stagionati, con un occhio anche all'etica dell'acquisto.
Per prima cosa le differenze salienti:
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Parmigiano reggiano
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Grana Padano
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Lavorazioni giornaliere
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Il Parmigiano si fa soltanto una volta al giorno, con il latte munto la sera prima parzialmente scremato in apposite vasche, cui si aggiunge direttamente quello intero della mungitura del mattino.
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Viene utilizzato il latte crudo di massimo due mungiture dello stesso giorno, parzialmente scremato per affioramento.
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Latte
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Parzialmente scremato
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Intero
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Conservanti
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Vietati
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Conservanti ammessi perché l'impiego di erba conservata nei silos comporta maggiori rischi di contaminazione. Si usa il lisozima, (2-2,5 mg/l) come antifermentativo, per impedire la formazione di colture batteriche all'interno delle forme durante il lungo periodo della stagionatura.
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Origine caglio
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Animale (vitello)
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Può essere utilizzato anche il caglio vegetale, oppure batterico
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Alimentazione animali
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mangime secco, foraggio verde e fieno di prato.
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Uso di insilati che sono ottenuti dalla pianta intera dei cereali che viene trinciata e stoccata in silos.
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Stagionatura
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12 mesi di stagionatura minima, si arriva oltre 30 mesi.
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9 mesi di stagionatura minima.
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Zona di produzione
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Province di Parma, Reggio Emilia, Modena, Bologna (sinistra del Fiume Reno) Mantova (destra del Fiume Po).
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Il territorio copre alcune province di Piemonte, Lombardia, Veneto, Emilia Romagna e Trentino.
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Etichetta
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Non obbligatoria perché contiene solo latte, sale e caglio
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E' obbligatoria per la presenza del conservante lisozima che viene indicato con la sigla E1105
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Si conservano nello scomparto meno freddo del frigorifero, avvolti in un telo di cotone umido, oppure in una pellicola trasparente, possibilmente non a contatto con altri formaggi, per evitare eventuali sovrapposizioni di aroma e sapore.
Alcune considerazioni etiche
Nella scelta tra Grana Padano e Parmigiano Reggiano (ma più in generale di tutti i prodotti caseari) siamo dell'idea che debbano concorrere anche delle considerazioni di tipo etico. A questo scopo riportiamo un intervento della
Dr.ssa Luciana Baroni che compare su
http://www.scienzavegetariana.it/medici/domande/risposta093.html:
Il caglio usato per i formaggi può essere animale (estratto dall'abomaso dei vitelli durante la macellazione), vegetale, oppure batterico. Non esiste un metodo certo per scoprire quale caglio è stato usato in un dato formaggio e sfortunatamente non siamo a conoscenza di elenchi di formaggi sicuramente vegetariani o sicuramente non-vegetariani. In linea di massima possiamo comunque dire che:
- I formaggi di produzione industriale usano spesso il caglio batterico. Fanno eccezione alcuni formaggi tipici di produzione industriale.
- Molti formaggi tipici usano caglio animale, specie quelli del Sud Italia e quelli prodotti in maniera più artigianale.
- A differenza del Grana Padano, il Parmigiano Reggiano usa SEMPRE caglio animale. Per il Grana dipende da ditta a ditta.
In pratica comunque l'unico modo per avere la certezza è telefonare ai produttori.
Dal punto di vista nutrizionale non ci sono differenze rilevanti a seconda del tipo di caglio usato: il formaggio è comunque formaggio con tutti i vantaggi e gli svantaggi. Dal punto di vista etico. Il problema non è tanto il tipo di caglio usato. Il vero problema è il latte usato per produrlo. La produzione di latte comporta di fatto molta più sofferenza di quella causata dal caglio.
Sebbene l'aspetto etico non sia tra gli argomenti di cui ci occupiamo come SSNV pensiamo valga la pena comunque di informare su alcuni fatti che generalmente la gente ignora:
- Per produrre latte la vacca deve essere ingravidata e quindi partorirà un vitello che verrà quasi subito strappato alla madre per essere in seguito macellato.
- Le vacche da latte vengono comunque allevate con metodi di allevamento intensivi che causano loro notevoli sofferenze e non appena la loro produttività si riduce esse vengono invariabilmente inviate al macello, esattamente come gli animali da carne.
Il nostro consiglio è quindi di scegliere prodotti di filiera corta dove si conosca, possibilmente, il metodo di allevamento degli animali da latte.
Fonti:
Altro Consumo n. 156 del gennaio 2003